Repubblica, 6 luglio 2015
Il dizionario Merriam-Webster, che gode di grande considerazione, liquida il termine “ossessione” come «un’attività verso cui si nutre molto interesse o a cui si dedica molto tempo»; “compulsione” come «il sentirsi costretti a fare qualcosa»; e “dipendenza” come «un persistente consumo compulsivo di una sostanza di cui la persona che ne fa uso conosce l’effetto nocivo». Il rapporto che abbiamo con le nove ore o più che, stando a una ricerca attuale, l’individuo medio trascorre quotidianamente davanti a schermi grandi, medi o in formato tascabile
(ossia nell’universo online) rispecchia tutte e tre le definizioni. (…)
Lasciatemi cominciare dalla considerazione secondo cui le azioni nel mondo connesso sono nettamente più veloci e vantaggiose di quelle che impone invece la vita nell’universo disconnesso. In netto contrasto con il modo in cui una persona si aggira nel mondo offline, le imprese della vita di un individuo che naviga nell’universo online sono incomparabilmente più semplici (senza la necessità di abilità particolarmente complesse né di uno sforzo prolungato), più veloci (i risultati sono davvero immediati e si ha la sensazione di riuscire a ottenere qualcosa senza dover aspettare), più sicure (le iniziative che si intraprendono quando si è connessi possono essere annullate senza grossi problemi, ed è improbabile che le conseguenze di ciò finiscano per tormentare la persona che naviga incautamente in rete). Ma era proprio questo a cui mirava l’idea di progresso annunciata dai profeti, dai pionieri e dai promotori della modernità, così come i conseguenti affanni della modernizzazione. È esattamente ciò che “essere moderni,” o “condurre una vita moderna,” doveva significare: liberarsi, a una a una, di tutte le fatiche e i disagi della vita. (…) Considerate, ad esempio, il contributo che ha avuto nello scacciare lo spettro maligno della nostra epoca: la minaccia dell’esclusione, dell’estromissione, dell’abbandono e della solitudine. Su Facebook non ci si deve più sentire soli o abbandonati, rifiutati, eliminati – lasciati lì a cuocere nel proprio brodo senza la compagnia di nessuno se non di se stessi. C’è sempre, ventiquattr’ore al giorno e sette giorni su sette, qualcuno da qualche parte pronto a ricevere un messaggio e persino a rispondere a esso o a confermare di averlo ricevuto. (…) Ma cos’è che è andato perduto – già accertato o che si prevede di perdere? Tanto per cominciare, i ricercatori riferiscono di danni che affliggono (o che si presume possano affliggere) le nostre facoltà mentali; innanzitutto, le qualità/capacità ritenute indispensabili per stabilire un ambito di cui la ragione e la razionalità hanno bisogno per essere utilizzate e dare piena prova di sé: attenzione, concentrazione, pazienza – e la loro durata. (…) Stiamo perdendo la pazienza, ma i grandi risultati si ottengono solo con molta pazienza. Bisogna tener testa agli ostacoli che si incontrano, alle probabilità inattese che tuttavia confondono i piani o interrompono la loro realizzazione. Sono stati condotti molti studi su questo problema, e la maggior parte dei risultati ha mostrato che la capacità di attenzione, di rimanere concentrati a lungo – e nel complesso la perseveranza, la tolleranza e la forza d’animo, le caratteristiche fondamentali della pazienza – stanno diminuendo, e rapidamente. (...) Oggigiorno, il “multitasking” tende a essere la strategia di gran lunga preferita nell’utilizzo della rete con le sue sempre più numerose app e gadget, contenendosi un attimo (per quanto fuggevole) di attenzione. (…) La prossima considerazione riguarda il probabile impatto sulla natura dei rapporti umani. Stringere o interrompere dei rapporti è di gran lunga più facile e meno rischioso nell’universo online che in quello offline. Il fatto di allacciare delle relazioni online non implica impegni a lungo termine, figuriamoci poi quelle in stile «finché morte non ci separi, nella buona e nella cattiva sorte», né richiede il duro, logorante e prolungato sforzo che invece esigono i legami nel mondo disconnesso. (…) C’è un’altra questione, forse la più controversa tra quelle che emergono dal dibattito sui vantaggi e gli svantaggi della rete mondiale. L’esporsi in modo universale, facile e comodo agli eventi del mondo in “tempo reale”, abbinato a un’apertura analogamente universale, e all’affacciarsi con la medesima facilità e tranquillità al palcoscenico pubblico, è stato salutato da molti osservatori come un’autentica svolta nella breve seppur movimentata e burrascosa storia della democrazia moderna. Contrariamente alle previsioni piuttosto diffuse secondo cui Internet rappresenterà un importante passo in avanti nella storia della democrazia, chiamando in causa ognuno di noi nel plasmare il mondo che ci dividiamo e sostituendo la “piramide del potere” che abbiamo ereditato con politiche “trasversali” – si stanno accumulando le prove a sostegno del fatto che Internet potrà benissimo contribuire a prolungare e inasprire i conflitti e gli antagonismi, impedendo al contempo un reale dialogo a più voci e la possibilità di un armistizio e di un accordo conclusivo. Paradossalmente, il pericolo nasce dalla tendenza della maggior parte degli internauti a rendere il mondo online una zona priva di conflitti, benché non venendo a patti sulle questioni alla base degli scontri di modo che vengano risolti accontentando entrambe le parti – ma sottraendo tali conflitti che tormentano il mondo offline alla loro vista e attenzione… (…) Va detto che il sopraccitato inventario dei vizi e delle virtù effettive e potenziali della suddivisione del Lebenswelt (“mondo della vita”) in un universo online e offline è tutt’altro che completo. (...) Nonostante tutto quello che al momento si possa sostenere, una delle conseguenze meno allettanti riguarda il prezzo da pagare per i risultati più grandi ottenuti dall’universo online in termini di comodità, facilità, assenza di rischio – e incoraggiando una tendenza a trapiantare le concezioni del mondo fatte a misura dell’ambiente online nel suo corrispettivo offline, a cui possono essere applicati a costo di un grande danno etico e sociale.
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