Questo voluminoso testo presenta i risultati di una lunga ed estesa indagine qualitativa sulla riproduzione delle disuguaglianze sociali in Francia, focalizzando l’attenzione sulla differenziazione per classe sociale dei processi di socializzazione dei bambini sulla soglia dell’età scolare.
La ricerca – finanziata dall’Agence nationale de la recherche (ANR) e dall’Institut français de l’éducation (IFE) – ha coinvolto un collettivo di sedici sociologi che hanno poi contribuito alla stesura del testo (Julien Bertrand, Géraldine Bois, Martine Court, Sophie Denave, Frédérique Giraud, Gaële Henri-Panabière, Joël Laillier, Christine Mennesson, Charlotte Moquet, Sarah Nicaise, Claire Piluso, Aurélien Raynaud, Fanny Renard, Olivier Vanhée, Marianne Woollven et Emmanuelle Zolesio), oltre al coordinatore e curatore del libro, Bernard Lahire, professore di sociologia all’École Normale Supérieure de Lyon (Centre Max Weber) e membro senior del prestigioso Institut Universitaire de France. Anche se non tradotta in italiano, la produzione sociologica di Lahire è ben presente nella sociologia italiana, soprattutto tra i sociologi dell’educazione e più in generale in quel filone teorico che segue con più attenzione la tradizione francese ‘postbourdieusiana’. D’altra parte, questo libro ricorda immediatamente l’ormai classico La misère du monde di Pierre Bourdieu (Parigi, Seuil, 1993) di cui ci sembra richiamare l’ethos sociologico e l’approccio metodologico complessivo.
Lo scopo principale della ricerca è stato quello di documentare le condizioni sociali che determinano l’esperienza diseguale dell’infanzia e, quindi, spiegare come la classe sociale incide precocemente sulla direzione e sulle possibilità di sviluppo delle biografie individuali: far comprendere, in altri termini, l’«infanzia delle disuguaglianze», cioè la sua concreta manifestazione nella «genesi nella fabbricazione sociale degli individui» (p. 13, corsivo nel testo, nostra traduzione). «I bambini vivono allo stesso momento nella stessa società, ma non nello stesso mondo» (p. 11, corsivo nel testo, nostra traduzione), questa – spiegano gli autori nell’introduzione – è l’affermazione che è all’origine dello studio e ha guidato la ricerca: «mostrare la distanza tra le condizioni di vita dei bambini di una classe sociale rispetto ad un’altra, dare il più concretamente possibile il senso delle distanze abissali tra l’estremità più alta e quella più bassa dello spazio sociale, come anche delle differenze, meno impressionanti ma altrettanto sensibili, tra gli orientamenti di vita e le condizioni di socializzazione dei bambini da una frazione di classe rispetto ad un’altra» (Ibidem). Gli autori non si propongono di ‘misurare’ le disuguaglianze, ma invece vogliono ‘mostrare’ – nel senso di ‘portare alla vista’ – e far ‘sentire’ gli effetti multipli delle disuguaglianze nelle condizioni concrete dell’esistenza (e coesistenza) che si impongono agli individui nelle diverse posizioni sociali.
Il volume è organizzato in tre parti. La prima parte (p. 11-88) presenta le scelte teoriche e metodologiche della ricerca. Gli autori spiegano che la scelta di lavorare sui bambini in età infantile si basa sull’assunto dell’importanza degli effetti della socializzazione primaria sul destino sociale degli individui. La prima socializzazione, infatti, gioca un ruolo decisivo nella formazione dei dispositivi mentali e comportamentali primari che segnano in maniera profonda e durevole il rapporto dell’individuo con il mondo. Non bisogna cadere nell’ingenua concezione che questi processi siano ‘neutri’ o facilmente reversibili, perché questi formano e riproducono delle risorse di vantaggio per alcuni (economiche, culturali, relazionali, scolastiche, linguistiche, morali, corporali, sanitarie…), mentre per altri costruiscono degli ostacoli o addirittura degli handicap per la riuscita individuale. Nel definire il quadro teorico-concettuale della ricerca, viene definita una posizione critica rispetto a due tradizioni di studi: da una parte, verso la letteratura pedagogica, psicologica e anche sociologica sull’infanzia che pone l’accento sul ‘bambino-attore’ assunto come protagonista della sua socializzazione e co-costruttore delle sue conoscenze, sottovalutando gli effetti della differenziazione sociale e della forte dipendenza dei bambini dai loro genitori e, più in generale, dal loro contesto sociale di appartenenza (auto-collocandosi nel campo degli studi sulla socializzazione in opposizione childhood studies); da un’altra parte, verso la ricerca che si basa sulle grandi inchieste statistiche che misurano le disuguaglianze, arrivando a costatare in maniera retrospettiva gli effetti cristallizzati delle condizioni di socializzazione differenti, ma senza dar conto dei processi sociali concreti che li producono e del loro significato sociale. Le scelte metodologiche di questa ricerca, al contrario, sono finalizzate a cogliere le concrete condizioni di socializzazione in maniera fine e approfondita, così da mettere in luce i condizionamenti multipli e gli effetti congiunti che costituiscono le disuguali condizioni dell’infanzia nelle diverse classi sociali.
Proprio per raggiungere lo scopo di ‘far comprendere’ e ‘far sentire’ le disuguaglianze, lo studio si basa su una lunga ed estesa indagine di campo, svolta tra il 2014 e il 2018 per due anni scolastici (2015-’16 e 2016-’17), basata su studi di caso (o ‘ritratti’, portraits) che hanno coinvolto 35 bambini dell’età 5-6 anni, frequentanti l’ultimo anno della scuola dell’infanzia in diverse città della Francia. La scelta dei casi è stata legata al loro spazio sociale di appartenenza in maniera da coprire opportunamente le tre grandi classi sociali (classe popolare, classe media, classe superiore) e, all’interno di ognuna di essa, le differenti ‘frazioni di classe’ che, nel caso delle classi medie e superiori, sono state distinte per la natura dei capitali posseduti (economico e culturale), mentre per le classi medio-basse e le classi popolari, sono state distinte per il grado di stabilità-precarietà.
La base empirica della ricerca è composta di tre tipi di materiali: a) 175 interviste approfondite, raccogliendo per ogni bambino tre interviste nella famiglia d’origine, una con la persona più significativa della rete di assistenza (babysitter, nonni o altri parenti), un’altra con l’insegnante di riferimento; b) le osservazioni etnografiche condotte in due contesti di osservazione, cioè a scuola (in classe e negli spazi di ricreazione), e presso il domicilio del bambino; c) i risultati di esercizi linguistici condotti con i bambini allo scopo di rilevare il livello del vocabolario posseduto, la competenza linguistica e la capacità di spiegare narrativamente delle sequenze di avvenimenti. Sono stati così studiati ‘da vicino’ le condizioni di vita dei bambini in rapporto ai processi e gli attori della loro socializzazione.
La seconda parte del libro, la più voluminosa (pp 89-925), presenta in maniera estesa 18 dei 35 studi di caso, ordinati secondo la classe sociale di appartenenza del bimbo e delle ‘frazioni di classe’ individuate: sei casi per ognuna delle grandi classi sociali (popolare, media, superiore), andando per gradi dalla grande precarietà alla grande borghesia. Questi ‘ritratti’ approfonditi consentono al lettore l’immersione in profondità nelle condizioni e nei processi sociali concreti che si esplicitano in numerosi domini di pratiche e dimensioni multiple della vita sociale. La presentazione dei casi è certamente la componente più originale, vitale e godibile del libro che irrobustisce l’intero impianto espositivo che per il resto presenta in maniera incrociata studi di casi e analisi trasversali.
A queste ultime è dedicata la terza parte del volume (pp. 927-1157) che presenta i risultati dell’analisi trasversale dei 35 studi di caso lungo dieci dimensioni che sono emerse tra le più rilevanti per comprendere le disuguaglianze nell’infanzia: la dimensione spaziale (città/quartiere), la condizione abitativa, la situazione professionale dei genitori, il rapporto con il denaro, il livello di scolarizzazione della famiglia e il rapporto con la scuola, il rapporto con l’autorità, il capitale linguistico, la capacità di leggere e parlare, il modo di impiegare il tempo libero, le pratiche di attività fisico-sportive, l’aspetto esteriore e l’abbigliamento, il rapporto con la salute e l’alimentazione.
La parte conclusiva del volume esce, invece, dalla dimensione diacronica in cui è stata svolta l’analisi, per sviluppare un approfondimento che punta a collocare le evidenze costruite dalla ricerca in una prospettiva storica di produzione delle disuguaglianze nella società francese, con l’intendo di cogliere il senso antropologico più profondo delle condizioni di disuguaglianza studiate. Si tratta di una parte che ha l’ambizione di superare i limiti contingenti dell’indagine empirica.
Il volume, in conclusione, propone una tale varietà, ricchezza e densità di informazioni da consentire di «incarnare la realtà dell’ordine disuguale delle cose» (p. 15, corsivo nel testo, nostra traduzione), tanto da renderlo così evidente da non poterlo più considerare con indifferenza. E, infatti, l’intento degli autori, oltre a quello di contribuire al dibattito scientifico, è stato esplicitamente quello di influenzare le politiche pubbliche, di contribuire a chiarire i modi e gli effetti della riproduzione delle disuguaglianze nella società francese contemporanea e a portare così delle conoscenze utili per la definizione di effettive politiche democratiche di riduzione delle disuguaglianze.
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