Identità, social network e mobile communication:
un esercizio di rilevazione empirica
un esercizio di rilevazione empirica
Negli ultimi anni si è assistito ad una notevole crescita nell’utilizzo dei dispositivi di comunicazione mobile e dei social network sites; se da un lato l’introduzione dell’iPhone di Apple ha reso il telefono cellulare un dispositivo onnipresente, dall’altro, con l’introduzione di Facebook, il social networking è diventata l’attività più popolare sul web. Siamo in una nuova era informatica in cui gli smartphone e i social network si sono combinati nel mobile social networking, uno strumento che consente alle persone di socializzare e di connettersi direttamente attraverso i telefoni cellulari. Con il mobile social networking gli utenti possono condividere informazioni e rimanere in contatto con i propri network anche in mobilità.
Poter accedere ai propri network online in ogni momento e in ogni luogo, rende sempre più sfumata la linea di demarcazione tra l’ambiente online e l’ambiente offline; dal momento in cui gli strumenti digitali sono sempre più radicati nella quotidianità degli individui, essi fondono efficacemente il digitale e il fisico in una “realtà aumentata” (Jurgenson 2011, Jurgenson, 2012). Come suggerisce Jurgerson (2012) è errato pensare all’online e all’offline come ambienti separati, ma bisogna concepirli più come una “realtà aumentata” in quanto essi sono sempre più impegolati tra loro. Le nuove tecnologie digitali e i social network non sono semplicemente strumenti tecnologici ma creano un ambiente sempre più integrato e connesso con la quotidianità. Va da sé che pensare al sé online come separato dal sé offline, potrebbe essere fuorviante.
Il presente elaborato indaga il fenomeno del mobile social networking e le relative implicazioni sociali, guardando in particolare gli effetti concernenti il processo di costruzione e rappresentazione identitaria.
Nell’analizzare il mobile social networking e le sue implicazioni sul processo di costruzione identitaria, è stato dapprima illustrato, nel corso del primo capitolo, il modo in cui, con l’evoluzione nel campo della telefonia mobile da un lato e l’ampio utilizzo dei social network sites dall’altro, le forme di interazione e comunicazione siano cambiate e si siano adattate ai nuovi contesti tecnologici. Gli smartphone, dispositivi informatici arricchiti di numerose funzionalità grazie all’elevato numero di sensori integrati quali GPS, Bluetooth, accelerometro, microfono, fotocamera e così via, consentono da diversi anni non solo l’invio/ricezione di sms e di chiamate vocali, ma anche la creazione di contenuti, l'accesso ai contenuti disponibili sul web attraverso Internet mobile e la condivisione di contenuti con le proprie reti sociali. È proprio perché si configurano come uno strumento multitasking che sono considerati strumenti essenziali nella vita quotidiana (Castells, 2008).
Inoltre, gli smartphone, attraverso Internet mobile e le apposite app di social networking, oggi consentono a chiunque ne sia in possesso di restare in contatto con i propri network in tempo reale, nonostante la distanza spaziale. I devices trasportabili non solo hanno esteso le opportunità comunicative, ma hanno anche stravolto gli aspetti spazio-temporali. Il social networking in mobilità facilita il mantenimento dei legami sociali, permettendo agli individui di essere simultaneamente in contatto con i propri network, di ritrovare amicizie passate e di mantenere legami con persone lontane.
Tuttavia non bisogna dimenticare che, quando l’interazione è mediata da un dispositivo, non solo vengono attuati differenti schemi di interazione e comunicazione che caratterizzano un’interazione fisica, ma vengono anche meno alcuni elementi caratteristici di quest’ultima, quali la co-presenza, la condivisione della medesima situazione e dello stesso assetto spazio-temporale e la corporeità con il relativo linguaggio non verbale.
Ma in che modo le interazioni online che un individuo intrattiene mediante il suo dispositivo trasportabile incidono sul processo di formazione identitaria? E in che modo l’individuo rappresenta sé stesso nell’ambiente digitale? Il secondo capitolo è stato sviluppato con l’intento di rispondere a tali quesiti, analizzando dapprima il concetto di identità e la sua concezione nei principali filoni di pensiero sociologici per poi volgere lo sguardo verso l’identità dell’uomo post moderno. Infine si è cercato di esaminare le differenti visioni circa il modo in cui l’individuo procede alla presentazione del self online.
L’identità personale definisce chi è un individuo; è data da un insieme di caratteristiche peculiari della sua persona che gli permettono di distinguersi dai suoi simili. Ma l’identità personale è sempre anche sociale in quanto il processo di costruzione identitaria non avviene in condizione di isolamento ma ha natura sociale, si definisce nell’interazione con altri membri della società e nel contesto culturale in cui l’individuo vive.
Al fine di comprendere il processo di costruzione identitaria ci si è avvalsi del supporto delle principali correnti di pensiero sociologiche che hanno elaborato il concetto dell’identità: il funzionalismo parsonsiano, l’interazionismo simbolico e la fenomenologia sociale.
Nonostante la rilevanza assunta dal tema dell’identità all’interno delle scienze sociali, solo a partire dagli anni sessanta è divenuto oggetto analisi teorica ed empirica in campo sociologico. L’interesse nei confronti del tema si è accentuato ancor di più in seguito alle modifiche apportate dal passaggio alla società post moderna.
La sociologia post moderna parla di una realtà sociale poliedrica, fluida e instabile che minaccerebbe il senso di unitarietà del soggetto, ponendo l’accento sulla natura costruita, fluida e in continua evoluzione dei fenomeni sociali che darebbero vita, quindi, a identità “costruite e flessibili”, piuttosto che identità “naturali e fisse”. Nelle società del passato l’identità veniva attribuita all’individuo alla sua nascita e non poteva essere modificata (se non in casi rari) ma solo accettata; con la modernità, invece, l’identità non è più data e stabile ma diventa un progetto personale aperto al rischio (Giddens, 1991) dove l’individuo è libero di scrivere autonomamente la propria biografia.
Inoltre, con lo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa il sé non si forma più esclusivamente nel corso delle interazioni fisiche, bensì la sua costruzione è legata anche ai simboli acquisiti durante le interazioni mediate, che offrono all’individuo una molteplicità di modelli identitari da poter assumere.
L’introduzione di Internet ha comportato una combinazione di assenza corporea e anonimato che crea un ambiente virtuale in cui emerge un nuovo modo di produzione identitaria, un luogo in cui si ha la libertà di ricreare sé stessi. Rispetto all’ambiente offline, nel mondo online si ha maggiore libertà nella gestione e nel controllo del self; si ha la possibilità di scegliere accuratamente le informazioni da condividere. A causa di tale libertà è emerso il timore che le nuove opportunità offerte dal web, per la costruzione e gestione dell’identità avrebbero portato ad un’eccessiva moltiplicazione identitaria con un conseguente scollamento tra esperienza reale e virtuale. Secondo alcuni studiosi nel mondo online le identità cambiano, diventano fluide e frammentate data la condizione di anonimato che permette di mascherare aspetti identitari che potrebbero essere potenziale fonte di discriminazione come il sesso e la razza. Secondo altri, invece, anche se la condizione di anonimato potrebbe indurre alla creazione di identità alternative a quella offline, non tutti gli ambienti digitali sono anonimi.
Bisognerebbe prendere le distanze dalla preoccupazione generalizzata che le identità in internet siano anonime, molteplici e frammentate in quanto, in alcuni casi, le identità online sono un prolungamento del sé offline, non sue versioni alternative.
Se «la costruzione dell’identità non può prescindere né dal rapporto con l’ambiente sociale né da peculiari relazioni che il soggetto intrattiene nel corso della vita» (Bettin Lattes, 2013), dal momento che con l’interazione mediata gli elementi caratteristici dell’interazione sociale mutano, sorge la necessità di indagare la misura in cui le interazioni online influenzano il processo di costruzione identitaria e quanto il sé presentato online risulti coerente con il sé offline. Sono questi i presupposti che hanno indotto studiosi ad indagare empiricamente le rappresentazioni di sé fornite dagli individui negli ambienti digitali. Tali quesiti hanno influenzato altresì l’esercizio di rilevazione empirica presentato nel terzo capitolo.
La rilevazione è stata orientata dall’ipotesi secondo cui l’identità personale contempla, assieme, elementi acquisiti dalle interazioni mediate ed elementi derivanti dalle interazioni face to face, dato che con la diffusione del social networking in mobilità l’interazione sociale incorporerebbe anche l’interazione digitale. Assumendo, quindi, che l’identità di un individuo sia l’esito dell’integrazione di alcune componenti radicate nel mondo online e di altre radicate nell’ambiente offline che, insieme, concorrono alla definizione di un io unitario anche se non necessariamente coerente, si è cercato di indagare la misura in cui la presentazione di sé online risulta coerente con l’identità di un individuo. A tal fine si è deciso di esaminare i profili digitali di quattro casi selezionati sulla base di alcuni requisiti ritenuti utili ai fini della rilevazione, quali l’iscrizione e la partecipazione attiva alla piattaforma Facebook, manifestata soprattutto dalla condivisione di contenuti di varia natura, e l’appartenenza alla “lista contatti” dell’osservatrice.
I social network sites sono siti basati su profili, come una homepage personale che si basa sulla descrizione di ogni utente. I profili personali sono un presupposto fondamentale per la rappresentazione di sé sui social network sites; la performance identitaria, il dare forma alla propria identità attraverso rappresentazioni testuali ed iconiche, rappresenta un presupposto imprescindibile per esistere online, in quanto, differentemente dalle interazioni corporee dove il corpo viene utilizzato per trasmettere informazioni su sé stessi, negli ambienti mediati il corpo non è immediatamente visibile e, per tal motivo, bisogna scrivere di sé per esistere.
La raccolta dei dati è stata articolata in due momenti: dapprima sono stati analizzati i “dati naturali” attraverso l’osservazione dei profili personali Facebook degli intervistati con le relative informazioni personali e contenuti condivisi. In un secondo momento si è deciso di procedere mediante intervista qualitativa semi-strutturata che se da un lato permette ai soggetti di rispondere liberamente, dall’altro consente al ricercatore di comprendere il modo in cui l’intervistato interpreta la realtà, le sue opinioni, percezioni e il senso che dà alle sue azioni. Nel corso dell’intervista sono state rivolte ai soggetti delle domande dapprima volte a confermare le informazioni inserite nel profilo personale, per poi indagare la motivazione che ha indotto all’iscrizione alla piattaforma, le modalità di utilizzo di Facebook, l’eventuale utilizzo in mobilità, gli strumenti utilizzati per esprimere sé stessi e le opinioni concernenti social network sites, comprese le modalità di utilizzo approvare e quelle considerate inappropriate.
Dalle interviste è emersa, la tendenza unanime alla descrizione fedele di sé nelle piattaforme online, pertanto i soggetti non tenderebbero a costruire e trasmettere un’immagine idealizzata di sé, così come emerge dalla letteratura, ma i loro profili si configurerebbero più come un’estensione della vita reale in cui le informazioni personali condivise sarebbero conformi alle proprie caratteristiche personali. Tuttavia, le informazioni condivise non concernono aspetti molto personali e corrispondono per lo più alle informazioni di base (nome, cognome, sesso, età, istruzione); le informazioni considerate “sensibili” non sono state condivise, come il caso dell’orientamento sessuali per due ragazze omosessuali. La riluttanza mostrata dagli intervistati a condividere informazioni personali, stati d’animo e sentimenti relativi ad esperienze vissute sembra essere collegata al fatto che il loro network online coincide, in gran parte, con il network offline; sono quelle che vengono definite “relazioni ancorate” all’ambiente offline che portano gli utenti di un social network a rispondere nella vita quotidiana per i comportamenti tenuti nell’ambiente digitale. Inoltre, i social network inducono una sorta di voyeurismo che, pur essendo fortemente disapprovato nella vita quotidiana, è tollerato nel mondo online, offrendo un modo molto delicato per ficcare il naso nella vita altrui senza essere troppo indiscreti. Pertanto gli utenti si limiterebbero a condividere contenuti non troppo personali. Oltre a non voler condividere informazioni personali, gli intervistati hanno ammesso anche una forte disapprovazione per quei soggetti appartenenti ai propri network online che condividono contenuti relativi ai diversi aspetti ed eventi della propria vita quotidiana.
Altro aspetto importante emerso dalle interviste riguarda l’ampio utilizzo del social networking in mobilità. L’accesso alla piattaforma mediante smartphone assume una certa rilevanza poiché consente non solo una connessione costante ai propri network ma rende anche la pubblicazione di contenuti più immediata e semplice, soprattutto grazie alle fotocamere integrate e ai servizi di localizzazione che permettono di aggiornare il profilo in tempo reale.
Nel complesso, la presentazione di sé online messa a punto dai soggetti ha mostrato coerenza e continuità con l’identità offline, differentemente da come si evince dai primi studi sulla rappresentazione del self online. Ciò potrebbe essere dovuto ai cambiamenti che hanno caratterizzato il web negli ultimi anni e, in particolare, al passaggio dal Web 1.0 al Web 2.0 e quindi da un Web statico e orientato principalmente alla consultazione a un Web dinamico, interattivo dove gli internauti non “consumano” solo i contenuti, ma li creano, li modificano e li condividono. Con la diffusione dei social network gli individui hanno iniziato a condividere molti più dati personali, oltre ad informazioni e file; l’idea di condivisione alla base del Web 2.0 ha contribuito alla nascita di un vero e proprio “life sharing”, ossia la condivisione di idee, opinioni, sogni, immagini del proprio vivere quotidiano: in sintesi la propria vita.
Con la condivisione di informazioni personali sulle piattaforme digitali, il confine tra online e offline è divenuto sempre più lieve fino a dar vita alla “realtà aumentata” descritta da Jurgenson; ciò è particolarmente evidente nei social network sites che sono caratterizzati da un forte ancoraggio all’ambiente offline. Ed è proprio perché Facebook è una piattaforma di non anonimato, dove i contatti non solo sono “ancorati” alla vita offline ma appartengono anche ai differenti network sociali (parenti, colleghi, amici, conoscenti), che si tende a non condividere informazioni che potrebbero ripercuotersi nella quotidianità. Anzi, è anche emersa un’esplicita avversione per la “trasparenza radicale” propagandata da Facebook che ha, via via, eroso la privacy individuale. In definitiva, il soggetto, essendo costantemente sotto osservazione da parte del proprio network, tenderebbe a mantenere online le maschere che “indossa” nel quotidiano.
Bibliografia citata
Castells M. (2008), Mobile communication e trasformazione sociale, Guerini e Associati, Milano.
Giddens A. (2007), L’Europa nell’età globale, Laterza, Bari.
Jurgenson N. (2011), “Digital Dualism versus Augmented Reality”, thesocietypages.org, 24 febbraio 2011, [http://thesocietypages.org/cyborgology/2011/02/24/digital-dualism-versus-augmented-reality/] (ultimo accesso 13/07/2015).
Jurgenson N. (2012), “When atoms meet bits: Social media, the mobile web and augmented revolution”, in Future Internet, vol. 4(1), pp. 83-91.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.