Ultras da tastiera: un’osservazione sui gruppi ultras partenopei
L’elaborato ha come oggetto il teppismo calcistico. Quest’ultimo secondo Roversi (1992) è una forma di violenza apparsa per la prima volta in Inghilterra verso la fine degli anni ‘60, con il nome di football hooliganism, tale violenza può essere definita come “l’insieme di atti di vandalismo e di aggressione sistematica che in occasione degli incontri di calcio, particolari gruppi di tifosi compiono ai danni di analoghi gruppi avversari, sia dentro che fuori dagli stadi” (Roversi, 1992: 15). In particolare questo elaborato, concentrandosi soprattutto sul contesto napoletano, mira a spiegare e comprendere chi sono coloro che compiono queste azioni, dove avvengono, come avvengono e quali sono i motivi che adducono tali individui ad intraprendere azioni così deplorevoli.
Il teppismo calcistico è un fenomeno attuale e ben noto, in particolare negli ultimi dieci anni si sta diffondendo una sua rappresentazione tramite la rete, all’interno di tale elaborato ci si sofferma proprio su tale rappresentazione. Infatti il titolo dell’elaborato è “Ultras da tastiera: un’osservazione sui gruppi ultras partenopei”. L’espressione ‹‹ultras da tastiera›› viene utilizzata nel 2006 da Antonio Roversi nel suo studio “L’odio in rete”. Questi ‹‹particolari›› ultras sono definiti come giovani che scrivono su forum e social network, lo scopo di questi ultimi è quello di luoghi virtuali all’interno dei quali è possibile esprimere la propria opinione sulle vicende calcistiche, ma questi spazi sono diventati per lo più luoghi di raccolta di parolacce, insulti e offese verso calciatori e tifosi di squadre rivali, incorrendo in un fenomeno noto come flaming, “fare flaming in rete significa assumere atteggiamenti arroganti, offensivi o addirittura ostili nei confronti di altri utenti” (Roversi, 2006: 82). È in particolare nel terzo capitolo del nostro elaborato che viene affrontata la figura dell‘‹‹ultras da tastiera››. Prendendo come modello lo studio di Roversi (2006), il capitolo mira ad analizzare i gruppi ultras del Napoli. Infatti tramite l’ausilio del Web, il capitolo si propone di delineare la struttura organizzativa ed ideologica dei gruppi ultras partenopei.
Il punto di partenza dell’elaborato è il processo di civilizzazione definito da Elias (2001), si è scelto tale autore come punto di partenza in quanto tra coloro che si sono occupati di episodi di violenza calcistica è considerato il più accreditato. Il processo di civilizzazione è “un processo sociale senza un inizio assoluto, esso trae origine da una sequenza di mutamenti esclusivamente sociali, disgiunti da trasformazioni biologiche della specie, esso inoltre può tornare indietro, essere cioè seguito da un processo di de-civilizzazione” (Elias e Dunning, 2001: 54), ciò che tale processo implica è un maggior autocontrollo dei comportamenti aggressivi, in grado di contenere i propri impulsi elementari, e una maggior osservanza delle regole della civiltà. Elias e Dunning ritengono che nell’Ottocento nell’Europa occidentale si sia verificata, in conseguenza del processo di civilizzazione, una diminuzione del piacere derivante da azioni violente e una riduzione del desiderio di attaccare gli altri. Tuttavia ciò ha portato ad un aumento della pianificazione da parte delle persone e all’esercizio di una maggiore razionalità nel raggiungimento dei propri obiettivi, finendo così per utilizzare la violenza in modo calcolato. Questi esiti del processo di civilizzazione si verificano anche nel calcio, inoltre la sua trasformazione da dilettantistico in professionalizzato ha causato una grande enfasi sulla competizione e sulla vittoria sia da parte degli atleti sia da parte dei tifosi. La competizione porta ad un aumento dell’uso della violenza razionale e cioè, nel caso dell’atleta, se la tensione e la rivalità ostile è eccessiva, “i giocatori cominceranno a trasgredire le regole e a commettere falli” (Elias, Dunning, 2001: 266) nel caso degli spettatori, se il loro grado di identificazione con la squadra è completo essi non vedranno giusta la sconfitta, finendo così per intraprendere comportamenti non leciti, quale ad esempio l’invasione di campo nel tentativo di far sospendere la partita. La spiegazione che Elias dà a questo fenomeno è la trasformazione della coesione sociale, da ‹‹segmentaria›› a ‹‹funzionale››. È proprio quest’ultima ad imporre una struttura sociale basata su una pressione competitiva e sull’utilizzo di mezzi razionali per il raggiungimento dei propri scopi ed è proprio l’unione tra questi due elementi ad originare varie forme di violenza (verbale, fisica).
Nel corso del capitolo viene delineata la forma di violenza propria del calcio attuata dai tifosi, ossia la violenza fisica, i suoi modi e luoghi di attuazione (cioè dove e come avviene), i ‹‹valori›› su cui essa si basa, gli strumenti di cui si serve, gli ‹‹oggetti›› verso cui è rivolta, le sue ragioni scatenanti e infine viene trattata la propaganda in favore della violenza tramite siti Web.
Il secondo capitolo si incentra sul tifoso ultras. La sua prima apparizione risale agli anni ’70, quando i primi striscioni compaiono sugli spalti degli stadi di Milano, Genova e Roma. Viene così delineata la nascita del tifoso ultras, il suo sviluppo, la sua struttura e organizzazione ma soprattutto le sue trasformazioni. I gruppi ultras infatti, negli anni ’70, da gruppi spontanei, diventano, agli inizi degli anni ’80, gruppi strutturati e organizzati, per poi trasformarsi nella metà degli anni ’80 in gruppi, composti per lo più da giovanissimi, i quali dimostrano poca cultura calcistica, “scarso valore ai legami e alle identità di gruppo” (Roversi, 1992: 61).
Nel capitolo viene inoltre esplicitata la posizione di Roversi (1992) e di Dal Lago (1990) riguardo il teppismo calcistico, i due autori aderiscono a due approcci diversi del fenomeno, il primo autore si concentra sull’identità dei gruppi ultras, il secondo sull’aspetto rituale del calcio. Per Roversi il teppismo calcistico è praticato da gruppi ultras, si tratta di gruppi costituiti da giovani, i quali condividono valori come forza, durezza, aggressività, disprezzo verso gli avversari ed è proprio l’unione di questi valori a costituire per il tifoso ultras il solo modo per giungere ad uno status di prestigio, sia all’interno del gruppo di cui fa parte, sia all’interno della società. Per Dal Lago il calcio, sia nei suoi aspetti tecnici (cioè le regole), sia nei suoi aspetti più teatrali (il comportamento dei tifosi) si configura come “la celebrazione rituale di un conflitto di tipo bellico” (Dal Lago, 1990: 8), ciò che Dal Lago intende dire è che sia i tifosi, sia i giocatori non combattono realmente ma riproducono una rappresentazione di una battaglia, tuttavia talvolta può accadere che questa riproduzione diventi realtà, noti sono infatti i conflitti reali che vengono a crearsi sia tra tifosi sia tra giocatori.
Infine grazie alla consultazione dell’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive (Rapporto 2014) è possibile delineare i tentativi di porre un freno al teppismo calcistico, dalla promulgazione delle prime leggi di fine anni ‘80 fino al “decreto stadi”, divenuto legge il 15 ottobre 2014.
Ultima parte di questo iter all’interno del teppismo calcistico riguarda un’osservazione più ravvicinata delle dinamiche dei gruppi ultras, in particolare dei gruppi ultras partenopei. Dunque dopo aver visto nei primi due capitoli cosa dicono Elias, Dunning, Roversi e Dal Lago in generale del teppismo calcistico, questo ultimo capitolo, riprendendo lo studio “L’odio in rete” di Roversi, mira ad esaminare come si attua e realizza tale fenomeno nel contesto napoletano, ricordando ovviamente che ciò che si sta analizzando è pur sempre una piattaforma digitale.
Nel corso del capitolo viene in primo luogo specificata la metodologia utilizzata, si tratta dell’etnografia digitale. Quest’ultima si configura come un metodo di ricerca qualitativa che si occupa del consumo online sia per finalità di societing, sia di marketing, in questo caso viene utilizzata per finalità di societing, ossia per reperire informazioni su: legami, organizzazione, attività, dei gruppi ultras partenopei. Tramite l’etnografia digitale vengono, in particolare, analizzate immagini, pagine Facebook, siti Web e forum riguardanti i gruppi ultras del Napoli.
Inoltre attraverso Carratelli (2002) e l’ausilio della rete è possibile tracciare la storia del tifo ultras a Napoli, partendo dai primi episodi di teppismo calcistico degli anni ’50 fino a giungere alle attuali dinamiche di gruppo degli ultras. Infine, all’interno del paragrafo 3.7., sono esposti i risultati di questa ricerca. Vengono infatti esplicitate le caratteristiche dei gruppi ultras del Napoli, i motivi che spingono tali gruppi a commettere questi atti di violenza, le ragioni del loro cosiddetto abbigliamento “da battaglia”, l’astio nei confronti delle tifoserie avversarie e delle forze dell’ordine.
Bibligrafia
Carratelli M. (2002), I tifosi più civili d’Europa, in Signorelli (2002).
Dal Lago A. (1990), Descrizione di una battaglia: i rituali del calcio, il Mulino, Bologna.
Elias N., Dunning E. (2001), Sport e aggressività, il Mulino, Bologna.
Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive, Rapporto 2014, Roma-Napoli, 2014.
Roversi A. (1992), Calcio, tifo e violenza. Il teppismo calcistico in Italia, il Mulino, Bologna.
Roversi A. (2006), L’odio in rete: siti ultras, nazifascismo online, jihad elettronica, il Mulino, Bologna.
Signorelli A. (2002), Cultura popolare a Napoli e in Campania nel Novecento, Edizioni del millennio, Napoli.
Sitografia
Giordano A. (2011) “La netnografia come metodo di ricerca associato al societing”, societing, (www.societing.org/2011/01/la-netnografia-come-metodo-di ricerca-orientato-al-societing) (ultimo accesso 18/10/2015).
“Nuove misure per la sicurezza negli stadi” (16/10/2014) home, (www,governo.it/governo informa/dossier/sicurezza_stadi) (ultimo accesso 20/10/2015).
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