Valutazione e motivazione al lavoro: uno studio empirico
Questa relazione punta ad analizzare le motivazioni alla base di atteggiamenti e comportamenti dei lavoratori, concentrandosi sui comportamenti in uno specifico contesto aziendale. Tali comportamenti infatti, rappresentano uno degli elementi più significativi da tenere conto da parte delle aziende per ottimizzare la gestione del personale.
Etimologicamente il termine “motivazione”, derivante dal latino movere, indica tutti i processi volti ad iniziare, dirigere, e mantenere un’attività. Nell’ambito delle scienze sociali, con il termine motivazione vengono indicati i fenomeni che determinano i comportamenti umani, anche quelli in apparenza più banali e privi di giustificazioni. In generale, le azioni dell’individuo derivano dal desiderio di soddisfare i propri bisogni e desideri. Effettuare uno studio sulle motivazioni alla base dei comportamenti delle persone, in definitiva, permette di costruire ipotesi che spieghino l’origine delle azioni umane, e consente di individuare le condizioni che muovono gli individui a dare determinate risposte a specifici stimoli.
Se concentriamo il nostro approfondimento alle motivazioni al lavoro, notiamo sulla base delle teorie sociologiche che ci sono diversi fattori ad influenzare le azioni degli individui. Di fatti l’attività lavorativa soddisfa molti bisogni delle persone, e non solo quelli legati alla remunerazione derivante dall’attività svolta, considerata durante il periodo fordista l’unico incentivo di motivazione lavorativa (Bonazzi, 2002). Tale concetto è stato superato già a partire dalle Teorie della Scuola delle Relazioni Umane e agli studi di Elton Mayo, che hanno evidenziato come l’attività lavorativa contribuisce anche alla creazione di relazioni e appartenenze di gruppo che permettono la realizzazione di collaborazioni che motivano i soggetti al raggiungimento di uno stesso fine collettivo. È l’insieme di questi fattori a interessare e dirigere gli studi di una parte della sociologia dell’organizzazione, che cerca proprio di spiegare le strutture motivazionali che si nascondono dietro i comportamenti degli individui quando questi sono inseriti in un contesto organizzativo di gruppo. Tali studi inoltre, rappresentano un fattore di estrema importanza per lo sviluppo di organizzazioni aziendali, che per riuscire a sopravvivere nei mercati devono attuare strategie di valorizzazione dei propri dipendenti.
È partendo da questo interesse per la comprensione delle dinamiche soggettive al dispiegamento delle energie nell’attività lavorativa e soprattutto ai sistemi di valutazione e motivazione presenti nelle nuove strategie manageriali che prende forma questo elaborato. Esso è il frutto anche di un’esperienza di tre mesi di stage svolti presso la società Armatoriale Grimaldi Group con sede amministrativa a Napoli, ma operante su scala mondiale. Il lavoro di ricerca è stato effettuato all’interno dell’ufficio Risorse Umane dove si è svolto il periodo di tirocinio.
L’elaborato è suddiviso in tre capitoli, il primo descrive le principali teorie motivazionali, il secondo racchiude la descrizione della realtà aziendale, ed il terzo i sistemi di valutazione e motivazione utilizzati dall’azienda.
Nel primo capitolo, dopo un approfondimento concettuale dell’idea di motivazione, vengono trattate le principali teorie motivazionali sviluppate nella letteratura scientifica, partendo dall’organizzazione scientifica del lavoro idealizzata da F. Taylor agli inizi del Novecento. Secondo tale teoria l’organizzazione lavorativa era basata sulla razionalità e prevedibilità, ottenuta attraverso la specializzazione e la divisione del lavoro. In un’organizzazione così strutturata, il lavoro poteva risultare alienante, influenzando negativamente il rendimento dei dipendenti. Per ovviare a questa criticità F. Taylor postulava una struttura di incentivazione per la motivazione al lavoro basata sui cottimi. Questa organizzazione scientifica del lavoro fu criticata dalla Scuola delle Relazioni Umane e dai lavoro di E. Mayo che, intorno agli anni ’20 del secolo scorso, formularono il principio fondamentale secondo cui i luoghi di lavoro rappresentano per gli individui un ambiente sociale al cui interno avvengono stimoli motivazionali che vanno oltre il semplice interesse individuale o economico, in sostanza secondo E. Mayo il fattore umano e relazionale non doveva essere sottovalutato, ma anzi doveva essere esaltata la socialità. I contributi di E. Mayo e della scuola delle relazioni umane aprirono una nuova visione sul fattore umano e la relazione esistente tra la persona e l’impresa. Le teorie sviluppate dalla Scuola delle Relazioni Umane furono sottoposte anch’esse a critiche poiché non fornivano soluzioni ai problemi dati dall’ambiente lavorativo ma si limitavano solo ad individuarli, e a intervenire psicologicamente sui dipendenti. Solo negli anni ’60 e ’70 si evidenziò l’importanza di una realizzazione globale del lavoratore ritenendo necessario far dipendere le esigenze dell’impresa dai bisogni dell’individuo. È partendo da questa visione che prendono avvio gli studi di A. Maslow e la sua Teoria delle gerarchia dei bisogni. Tale teoria categorizzava le principali necessità umane in un ordine gerarchico affermando che l’individuo soddisfa i suoi bisogni in modo progressivamente ascendente e che i bisogni di ogni livello devono essere soddisfatti, anche in modo parziale, per poter permettere il manifestarsi dei bisogni del livello successivo. Secondo A. Maslow, i bisogni non sono tutti uguali e si distinguono in base alla loro funzione, dividendosi in “bisogni primari” e “bisogni superiori”. I “bisogni primari” sono legati ai bisogni fisiologici dell’individuo e non presentano differenze nel grado di soddisfacimento, i “bisogni superiori” invece sono legati al contesto sociale in cui un individuo è inserito e dalle sue propensioni personali. A. Maslow inoltre sottolinea che il soddisfacimento di un bisogno rende poco sensibile un individuo ad altri stimoli di quel tipo e lo spinge a cercare di soddisfare il bisogno di livello più alto, indicando l’esigenza di modulare gli obbiettivi e gli incentivi di un’organizzazione, in base al livello di soddisfacimento dei bisogni dell’individuo in quella data fase. Altra figura di grande importanza è stata quella di F. Herzberg, che formulò la Teoria dei fattori duali. F. Herzberg ipotizzò che gli atteggiamenti degli individui verso il proprio lavoro sono determinati da una serie di fattori, alcuni fattori producono soddisfazione, mentre altri se presenti, producono uno stato di insoddisfazione. Al fine di verificare questa ipotesi F. Herzberg effettuò uno studio su duecento contabili negli Stati Uniti. L’analisi dei dati raccolti rilevò che i fattori che creavano soddisfazione chiamati da F. Herzberg “fattori motivanti” erano legati al compito lavorativo come il successo, il riconoscimento, il contenuto del lavoro, la responsabilità e l’opportunità di carriera; mentre i fattori che producevano insoddisfazione chiamati “fattori igienici” erano date dal contesto di lavoro legato alle politiche e alle procedure dell‘organizzazione, alle relazioni interpersonali con i colleghi, e alla retribuzione. I “fattori igienici” secondo F. Herzberg non producono un’effettiva soddisfazione quindi effettuare dei miglioramenti in quest’ambito porterà solo a una diminuzione dell’insoddisfazione non alla sua scomparsa, per avere soddisfazione, secondo lo studioso, bisogna intervenire sui “fattori motivanti”. Solo agli inizi degli anni Sessanta del Novecento, però, il tema della motivazione al lavoro divenne argomento di elevato interesse, diventando oggetto della riflessione di altri studiosi. In particolare V. Vroom, formulando la sua Teoria delle aspettative, riuscì a spiegare il processo comportamentale guidato da una motivazione sostenendo che tutte le energie usate per la realizzazione di un’azione, sono date da una successione di comportamenti finalizzati alla ricompensa, costituita dal raggiungimento dello scopo prefissato. Nello specifico secondo l’autore la forza della motivazione che spinge l’uomo a compiere diverse attività è data dal prodotto di tre fattori: valenza, aspettative, e strumentalità. La valenza secondo V. Vroom indica le preferenze personali riguardo a una ricompensa, le aspettative invece rappresentano i legami tra l’intensità della fatica e il beneficio ottenuto ed infine la strumentalità indica la convinzione che una volta terminata la prestazione e sia stato raggiunto l’obbiettivo, ci sarà una ricompensa. Se uno di questi fattori è pari a zero la motivazione si annullerà a causa della natura moltiplicativa di questa relazione, per tali ragioni secondo V. Vroom per favorire la motivazione degli individui le organizzazioni devono delineare il rapporto tra lavoro e obbiettivo e tra performance e ricompense.
Terminata la rassegna letteraria sulle teorie della motivazione si è passati alla trattazione delle tecniche di rivelazione, riportando le più utilizzate che sono rappresentate da strumenti standardizzati. In particolare, sono state citate quella del Job Satisfaction Blank ideato da Hoppock (1935), quella del Job Descriptive Index (JDI) messo a punto da Smith, Kendall e Hulin (1969, 1985, 1997), e quella del Questionario di Soddisfazione Organizzativa (QSO) elaborato da Cortese (2001), che in Italia è la tecnica più utilizzata. In seguito nel capitolo sono stati presentati i sistemi di incentivazione attualmente maggiormente applicati dalle aziende.
Nel secondo capitolo è descritto lo studio di caso, ossia il Gruppo Armatoriale Grimaldi di Napoli. Nato nel 1947, il gruppo Grimaldi rappresenta oggi uno dei maggiori gruppi multinazionali di logistica integrata, specializzato nel trasporto marittimo di auto, merci rotabili, container e passeggeri. Attualmente il Gruppo è sotto la direzione dei figli del fondatore Guido Grimaldi. Successivamente sono illustrate le funzioni e le responsabilità svolte dall’ufficio considerato per lo studio l’ufficio risorse Umane (Human Resources Departiment, HRD). In Grimaldi tale ufficio svolge la funzione di gestire il personale dipendente, ed ha come obiettivo il miglioramento continuo della professionalità e della motivazione dei lavoratori. Tale obiettivo è perseguito attraverso politiche di valorizzazione delle risorse, che traggono indicazioni da schede di valutazione delle prestazioni, attraverso cui viene misurato il livello di motivazione lavorativa di ciascun dipendente. I risultati della valutazione vengono analizzati singolarmente, intervenendo successivamente con politiche di incentivazione rivolte ai dipendenti che hanno ottenuto un punteggio più basso. I sistemi di incentivazione interni al Gruppo risultano essere prettamente di natura economica ma basati su valutazioni complesse volte a premiare il lavoratore, il suo attaccamento ai valori aziendali e la salvaguardia dell’intero ambiente lavorativo.
Nel terzo capitolo viene illustrata analiticamente l’esperienza dell’osservazione empirica relativa alla motivazione al lavoro in un ufficio della Grimaldi, cercando di osservare come il livello di motivazione individuale influisca sulle performance lavorative, e come i sistemi di valutazione delle prestazioni, e i sistemi di incentivazione ad essi collegati agiscono sulle motivazioni dei dipendenti. Il gruppo osservato è composto dagli impiegati dell’ufficio Contpers formato da diciassette individui, che svolgono attività di gestione delle paghe del personale, applicazioni economiche dei Contratti collettivi di Lavoro, statistiche relative ai costi del personale aziendale, denunce mensili ed annuali dei Sostituti di imposta (mod. 770 Fiscale – EX INPDAP – INPS – INAIL – IRAP – Certificazioni CUD dipendenti). A questi diciassette individui si aggiunge il responsabile dall’ufficio Human Resources Departiment (HRD) che svolge finzioni legate all’informazione ed attuazione di: concorsi assunzioni e cessazioni, mobilità interna ed esterna, recepimento contratti collettivi di lavoro, infortuni sul lavoro, missioni e lavoro straordinario, rapporti con le organizzazioni sindacali, aggiornamento e formazione del personale, pensioni ed accertamenti previdenziali, riscatti, ricongiunzioni ed indennità fine servizio / TFR. Grazie alla disponibilità del Responsabile di quest’ufficio ho potuto partecipare all’attività lavorativa svolta dagli impiegati, riuscendo a fare esperienza diretta della gestione dei dipendenti che mi ha permesso di dare significato alle osservazioni ottenute. Nell’eseguire tale studio però, si sono presentate alcune difficoltà legate al tempo limitato (orario di lavoro), e alle reticenze di alcuni soggetti che venivano interpellati all’interno del conteso aziendale. Per superare queste difficoltà l’osservazione si è avvalsa anche di un questionario semi-strutturato, che in un ambito di ricerca cosi organizzato rappresenta uno strumento di maggiore efficacia. Il questionario risultava composto da tre sezioni: la prima comprendente domande socio-anagrafiche, la seconda riguardante domande socio-professionali, e la terza che ricopriva domande di valutazioni personali. Al termine dell’illustrazione dell’osservazione effettuata, sono stati presentati i risultati ottenuti, che ha permesso di avanzare ipotesi sul livello di motivazione dei vari dipendenti. Con le osservazioni effettuate è stato possibile in primo luogo, ipotizzare se la motivazione al lavoro sia legata agli anni passati in azienda. Infatti si è osservato che i lavoratori con meno anni di servizio dichiarano di essere più motivati rispetto ai dipendenti con maggiore anzianità di servizio aziendale. Inoltre è stata osservata la motivazione al lavoro dei dipendenti con una più alta mansione lavorativa, questa osservazione ha permesso di ipotizzare che più alta è la mansione lavorativa ricoperta dal dipendente, maggiore è il suo livello di motivazione.
Dopo aver presentato le ipotesi emerse dalla prima fase dell’osservazione empirica, si è passati ad osservare quali siano i sistemi di incentivazione che motivano maggiormente i dipendenti, osservando che in prevalenza i maschi dichiarano di essere più favorevoli a incentivi di tipo monetario mentre le donne vengono maggiormente influenzate da incentivi non monetari, dichiarando di preferire corsi di aggiornamento ed orari più flessibili.
Dal risultato di questo lavoro possiamo ipotizzare che le politiche motivazionali applicate al lavoro si inseriscono in un contesto socio-economico diverso dal passato. Oggi, infatti, i lavoratori devono affrontare le preoccupazioni di un’occupazione più immateriale, magari meno monotona, ma estremamente variabile in tempi, modalità e contenuti.
Seguendo le dichiarazioni rilasciate dagli individui osservati, per riuscire a fronteggiare le criticità generate da questo stato di cose, al fine di mantenere elevati i livelli di motivazione nelle aziende, è necessario riconoscere il ruolo chiave svolto delle politiche di incentivazione, che non possono rimanere solo legate a incentivi economici, ma devono ampliarsi fornendo un maggior sostegno alle relazioni lavorative. Permettendo, cosi, una nuova configurazione del lavoro, che consente ai dipendenti osservati di interpretarlo come parte integrante del proprio percorso di vita, e non più limitato all’idea del semplice posto di lavoro.
Riferimenti bibliografici
Bonazzi G. (2002), Storia del pensiero organizzativo, FrancoAngeli, Milano.
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