Il lavoro di Carmela Masuccio presenta un'analisi dell'andamento quantitativo del fenomeno dei NEET in Italia nell'ultimo decennio, basato sulle statistiche ufficiali ISTAT. Nell'analisi del mercato del lavoro europeo è, da qualche anno, impiegata la categoria dei NEET che individua persone che non lavorano, che non studiano e che non sono impegnate in attività di formazione. Si tratta, quindi, di una quota della popolazione non attiva che è oggetto di particolari politiche del lavoro, rivolte soprattutto alle quote giovanili, finalizzate all'attivazione, intesa sia come inserimento lavorativo, sia come formazione.
L'evoluzione del fenomeno dei NEET in Italia nell'ultimo decennio
Per la mia relazione ho scelto un argomento di grande attualità: il fenomeno dei Neet, un fenomeno che ha acquistato sempre maggiore rilevanza negli ultimi anni e che ha richiesto una terminologia nuova e mai usata prima.
Si tratta di quella categoria di giovani, che non studiano e non lavorano. È un fenomeno nuovo, perché per molto tempo, riferendoci ai giovani che non lavoravano e non studiavano, si è parlato di disoccupati, e non di Neet. Coloro che non lavoravano infatti, erano quelli che, magari dopo aver terminato gli studi, si impegnavano a cercare un lavoro ma non ci riuscivano. Il fenomeno dei Neet è più complesso. Infatti, indica coloro che non solo non lavorano ma non sono nemmeno sulla strada di trovare un’occupazione e non sono impegnati in nessun’altra attività.
Questi giovani, sono bloccati in un limbo dove molte sono le ragioni che concorrono a farne degli immobilizzati, ragioni che possono ricondursi a scelte individuali e sfortunatamente, ad una situazione di stasi economica e lavorativa. Esiste dunque una tensione latente tra dimensione attiva e passiva del NEET, quale condizione in alcuni casi consapevolmente agita e in altri coercitivamente determinata dal contesto di riferimento. Le ragioni dell’inattività possono essere molteplici e tra loro profondamente diverse e non sempre riconducibili a background socio-economici segnati da disagio e criticità strutturali. Per fare un esempio; l’articolazione interna dei NEET risente fortemente di una polarizzazione legata al genere: i motivi di inattività riconducibili alla dimensione di “cura” (tra cui la maternità) rappresentano un fattore determinante del “NEET status” per le donne. La tensione esistente tra le diverse dimensioni è dunque evidente. Ricomponendo i motivi di inattività, è infatti possibile suddividere i NEET in quattro gruppi :“in cerca di occupazione”, è il gruppo maggioritario e rappresenta il 42,2% degli individui, in maggioranza maschi (55,2% del totale) e di età superiore ai 20anni in circa 9 casi su 10; “indisponibili”, è il secondo gruppo per numerosità (21,6%) ed è costituito prevalentemente da donne nella maggioranza dei casi over 25; “disimpegnati”, è il gruppo minoritario attestandosi su una quota pari al 16,6% del totale dei NEET, per lo più donne (di età compresa tra 15 e 19 anni; “in cerca di opportunità”, è il terzo gruppo per dimensioni (assorbe il 19,6% degli individui), per più della metà maschi e con una quota considerevole di under 19.
Un altro aspetto su cui ho trovato molto utile soffermarmi per chiarire ulteriormente la struttura di questo fenomeno nel nostro Paese, è il ruolo della famiglia e il rapporto con il mercato del lavoro dei nuclei familiari, al cui interno sono riconoscibili individui nella condizione di Neet. In Italia, nel 2013, su un totale di 25.475.673 famiglie ben l’ 8,3% ha almeno un NEET tra i suoi componenti. Nello specifico ho voluto sottolineare questo aspetto, occupandomene sulla base dei dati statistici, nel terzo capitolo, dove ho considerato, tra le altre, proprio la variabile “ruolo in famiglia”; nel farlo, è interessante guardare come la condizione genitoriale agisca nella determinazione di questo fenomeno; a tal proposito, si riscontra che circa metà dei ragazzi che non lavorano e non studiano (il 46,7%) ha un solo genitore occupato, per lo più con qualifica medio bassa, il 23,5% ha entrambi i genitori inseriti nel mercato del lavoro e ben il 29,7% ha entrambi i genitori privi di un’occupazione; quest’ultimo dato, segnala una condizione di grave criticità laddove lo scarso attachment al mercato del lavoro dei giovani NEET, si accompagna all’esclusione occupazionale dell’intero nucleo familiare di appartenenza. Dall’ analisi, si riscontra che l’ incidenza percentuale del numero di famiglie con almeno un NEET sul totale di quelle che hanno almeno un componente nella condizione di inattività, è molto rilevante soprattutto nei contesti territoriali del Mezzogiorno: in Calabria, Sicilia e Campania le famiglie che comprendono tra i loro membri almeno un NEET, in 2 casi su 10 ne hanno addirittura due, segno della presenza di dinamiche intra-familiari segnate da una sostanziale coazione che determina la condizione di disagio, toccando anche gli altri soggetti che costituiscono il nucleo di appartenenza . Per questi motivi, tale fenomeno ha un forte impatto sulla disciplina sociologica in cui assume rilevanza empirica, perché si inserisce nel dibattito dell’ inattività dei giovani nella crisi del nostro paese.
Vorrei ora passare ad illustrare la struttura della mia relazione che ho diviso in tre parti, ciascuna delle quali si occuperà di un argomento nello specifico.
Ad ogni argomento corrisponde un capitolo. Ogni capitolo sarà diviso in tre o quattro paragrafi.
Il primo capitolo del mio elaborato si preoccuperà di presentare la categoria dei Neet partendo dalla sua definizione istituzionale: quando si è cominciato a parlarne per la prima volta e cosa significa il termine. Dopo aver fatto questo, il capitolo passerà a considerare il processo di costruzione di questa categoria e la relazione con altre categorie, che sono state utilizzate in passato per indicare fenomeni sociali simili, come per esempio il fenomeno della disoccupazione, preoccupandosi pure di chiarire la differenza che passa tra la nuova terminologia di “Neet” e quella più desueta di disoccupati. In questo capitolo, presenterò anche la situazione dei Neet nell’ Unione Europea e le politiche volte ad arginare il fenomeno, adottate dai vari Paesi. Questo servirà per poter fare il paragone con la situazione dei Neet in Italia. Situazione che sarà analizzata nel secondo capitolo, in particolar modo attraverso il saggio di Raffaella Cascioli, che si è occupata molto approfonditamente della generazione Neet in Italia. Proprio nel secondo capitolo, è stata presentata una sintesi dei principali risultati di ricerca che emergono dalla lettura del materiale che la letteratura offre riguardo la situazione dei Neet in Italia. Man mano che il materiale viene presentato ed analizzato in questo capitolo, si passa ad illustrare la situazione dei Neet prima per aree tematiche e poi per aree geografiche, cioè prima le differenze della categoria dei Neet, per sesso, età e condizione sociale, successivamente le differenze tra Nord e Sud e tra regione e regione del nostro Paese. Nell’ultimo paragrafo di questo capitolo, ho deciso di occuparmi del Progetto Garanzia Giovani. Un progetto votato dal Consiglio dell’Unione Europea e adottato, con caratteristiche peculiari, anche nel nostro Paese.
Nel terzo capitolo, ho parlato sempre dei Neet in Italia presentando però stavolta, l’evoluzione del fenomeno nel corso del tempo, in particolare mi sono attenuta ad un’ analisi diacronica, ovvero un confronto tra due momenti, 2004 e 2013, e ne ho verificato le variazioni. Per fare questo sono partita da un’analisi dei dati della “Rilevazione sulle forze di lavoro” dell’Istat, e perciò ho ritenuto necessario non solo riportare i dati, ma anche spiegare a grandi linee come funziona il metodo d’indagine utilizzato dall’Istat. Ho illustrato la domanda conoscitiva e spiegato le scelte metodologiche per rispondervi, per passare poi a descrivere la base informativa utilizzata; infine ho presentato analiticamente i risultati dello studio dei dati diffusi dall’Istat e accessibili tramite l’ apposito sito. Nell’ultimo paragrafo di questo capitolo, infine, ho presentato le principali tendenze evolutive del fenomeno dei Neet nel decennio 2004-2013.
Questo fenomeno, si presenta agli occhi dello studioso della società come allarmante e al tempo stesso interessante e meritevole di approfondimento: in primis per la presenza di alcuni punti contraddittori, per esempio in relazione alle già note categorie della “inattività” e dello “scoraggiamento” di chi cerca un lavoro e non lo trova, che sembrano essere parte di questo caso. I dati sembrano però descrivere una realtà maggiormente complessa rispetto alla letteratura tradizionale, di più profondo e più radicato disagio sociale, che va oltre lo scoraggiamento e l’inattività e pare delineare, un quadro di esclusione sociale specifica che vale la pena esplorare.
Se volessimo provare a sviluppare un’analisi interpretativa di questo fenomeno, potremmo ipotizzare che questo disagio affonda le sue ragioni, nella contingente quotidianità del capitalismo in crisi e nella precarietà come patologia sociale dei tempi contemporanei. Al di là dunque di quali dinamiche, all’interno del mercato del lavoro e del quadro economico generale, originano la nascita di questa categoria sociale, sembra più interessante chiedersi chi sono davvero questi Neet, da un punto di vista socio-culturale. Si può ipotizzare infatti, che esistano delle ragioni simboliche contingenti che ne determinano l’emersione cosi numericamente significativa proprio oggi, hic et nunc, in relazione al tempo che stiamo vivendo, ai cambiamenti nella natura del lavoro, in coincidenza di una crisi economica globale. Questa fascia di popolazione (giovane) è in costante aumento, alla fine del 2012 erano oltre 2 milioni (23,9% dei giovani), in aumento di 95 mila unità (4,4 per cento) rispetto al 2011, ed è preoccupante perché viene erosa una parte consistente di “speranza”: giovani “immobili”, una risorsa non sfruttata e non valorizzata . In Germania, i giovani hanno accesso al lavoro già durante gli studi. I tirocini sono stipendiati, viene loro insegnato un mestiere, con teoria e pratica. Una partecipazione attiva dell’impresa nella formazione del giovane e con una compartecipazione dello Stato alle spese. Nel nostro sistema il problema di fondo è rappresentato dall’assenza quasi totale di un legame tra “formazione” e “lavoro”. Oltre che da un disinteresse palese del Pubblico per le sorti dei giovani e quindi un sistema di welfare inadeguato ai bisogni delle nuove generazioni.
In questo scenario, si può giungere presto a conclusioni scoraggianti. Dal punto di vista pensionistico, con la riduzione della quota degli occupati si riduce anche quella dei contribuenti, e quindi rischia di andare in crisi tutto il sistema previdenziale. Da quello sociale e quindi proprio nel cuore del significato più sociologico del fenomeno, invece, le conseguenze sono sia in termini di creazione delle famiglie con le donne che rimandano l'accesso alla maternità, sia di ingresso nell'età adulta; esiste, infatti, una differenza sostanziale tra chi, pur non studiando e non lavorando, ha abbandonato il proprio nucleo familiare per costituirne un altro, magari assolvendo a compiti di cura, e chi permane in quello di origine. Per tutte queste ragioni, ci viene sempre più facile evincere che i giovani non escono di casa, non concorrono al bene comune e la società non progredisce.
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