lunedì 15 luglio 2013

Genitorialità al maschile: il ruolo del padre nella coppia separata

Nella prossima seduta di laurea per il corso triennale in Sociologia, la laureanda Lucia Vitale presenterà una relazione finale dal titolo "Genitorialità al maschile: il ruolo del padre nella coppia separata" che ho seguito in qualità di tutor. L'autrice di seguito ci anticipa  un'introduzione che definisce la problematica e illustra i principali passaggi del suo lavoro.


Genitorialità al maschile:
il ruolo del padre nella coppia separata

 L’argomento che ho approfondito nella Relazione Finale riguarda la genitorialità al maschile e il ruolo paterno nella coppia separata.
 Dagli anni Ottanta del secolo scorso l’interesse crescente per i cambiamenti del ruolo e delle funzioni paterne ha assunto una maggior rilevanza anche in ambito sociologico e non solo in quello psicologico e pedagogico dove era stato in precedenza privilegiato. Il dibattito sulla paternità in genere viene centrato soprattutto sullo studio della famiglia ed inoltre, è strettamente legato con la prospettiva di genere, la divisione del lavoro domestico e la presenza femminile nel mercato del lavoro.
 I problemi connessi alla funzione paterna nella società contemporanea devono essere visti, quindi, sullo sfondo dei profondi mutamenti che si sono avuti nell’organizzazione delle relazioni familiari. A tale scopo ho sviluppato una rassegna della letteratura scientifica partendo dall’analisi delle principali trasformazioni che hanno riguardato la famiglia, sia in termini strutturali che relazionali, dalla seconda metà del Novecento fino ad oggi. I mutamenti che hanno interessato il contesto sociale e la complessità delle forme del fare famiglia (la diminuzione del matrimonio, l’aumento di separazioni e divorzi e il crescente numero di famiglie monogenitoriali) definiscono lo scenario di riferimento entro cui si colloca lo studio della paternità. 
 Nel primo capitolo è stata analizzata la divisione di genere del lavoro come prodotto dell’industrializzazione e le conseguenti implicazioni sui ruoli genitoriali. La transizione verso un’economia di tipo industriale ha promosso una progressiva esclusione della componente femminile dal mercato del lavoro e l’affermarsi di un profilo di donna completamente impegnata nella cura della casa e della prole, mentre l’uomo si configura come procacciatore di risorse. L’ottemperamento di compiti rigidamente divisi sessualmente ha comportato un esercizio di paternità e maternità complementari: la donna nella sfera del privato (procreazione e allevamento dei figli, lavoro domestico) e l’uomo nella sfera del pubblico (guerra, caccia, lavoro manuale) cosa che si è riflessa anche nelle responsabilità educative. Questo ideale di complementarità dei ruoli e di polarizzazione delle identità genitoriali ha trovato la sua principale espressione nella teoria parsonsiana della “differenziazione sociale dei ruoli sessuati” (Parsons, Bales, 1955). Nella prospettiva funzionalista la maternità ha la funzione di costruire l’area dell’affettività familiare e di consentire la cura dei figli in casa, luogo fisico e sociale nel quale essa ha la sua posizione fondamentale. La paternità, per converso è caratterizzata da aspettative normative, e da un orientamento educativo e morale alla carriera sociale.
 La definizione di ruoli complementari legati alle identità sessuali dei genitori e  la legittimazione di responsabilità diverse rispetto ai figli, ha fatto si che il padre veniva considerato un’entità genitoriale secondaria, riproducendo nella famiglia marginalità del ruolo paterno rispetto a quello materno (Saraceno, Naldini, 2007). Tuttavia la struttura familiare continuava ad essere patriarcale, con un padre autoritario a cui si deve rispetto ed obbedienza e una donna che risponde allo stereotipo della mamma attenta e premurosa, fino alla contestazione del ’68 (Ruspini, 2003).
 Nel secondo capitolo l’attenzione viene  focalizzata  su questo periodo di rottura avvenuto appunto, verso la fine degli anni Sessanta del secolo scorso, quando un insieme di eventi sociali, culturali e politici trasformarono gli assetti del mondo occidentale indirizzandolo verso un sistema definito come “una  società senza padre” (Mitscherlich, 1970). Affrontare sotto il profilo sociologico la questione della paternità richiede la lettura del fenomeno nei  termini di crisi del patriarcato tradizionale in Occidente. 
 Dopo questa prima parte viene preso in considerazione alcuni tratti della genitorialità di oggi, e soprattutto com’è cambiato l’atteggiamento del padre verso la famiglia. L’ingresso delle donne nel mercato del lavoro ha fatto sì che, negli ultimi decenni, il padre iniziasse ad essere maggiormente partecipe nella conduzione della vita familiare e in particolar modo nella cura dei figli. E soprattutto ha fatto si che lo fosse in modo diverso rispetto al passato, cioè coinvolto emotivamente. A partire dagli anni Settanta del secolo scorso, e nel corso dei decenni successivi, è emerso un nuovo tipo di padre, permissivo, amico dei figli, impegnato fuori casa ma, anche più presente nella gestione organizzativa della famiglia e intervenendo in prima persona nell’accudimento materiale dei figli, anche piccoli. 
 Il coinvolgimento dei padri nel lavoro di cura crea spazio per una ridefinizione dei tradizionali ruoli di genere all’interno della coppia e della famiglia nel suo complesso, mettendo in discussione la teoria della differenziazione dei ruoli. Alcuni autori (Beck, Gernsheim, 1996; Giddens, 1995) ritengono infatti, che le trasformazioni sociali e familiari intervenute negli ultimi decenni inducono piuttosto a riconsiderare la questione in termini di “de-differenziazione” dei ruoli genitoriali, ovvero di una progressiva omologazione nello svolgimento delle funzioni genitoriali (Zanatta, 2010).
 Tuttavia, le ricerche empiriche (Bimbi, 2002; Dermott, 2008) evidenziano come sia presente nella realtà sociale un modello familiare in cui il ruolo paterno è ancora quello di provvedere alla famiglia con il lavoro retribuito, mentre quello materno è prendersi cura dei figli e della casa.
 Le trasformazioni che hanno interessato il contesto sociale e la complessità delle forme del fare famiglia (diminuzione dei matrimoni, coppie di fatto, ect…) definiscono lo scenario entro cui si colloca lo studio della paternità nel terzo ed ultimo capitolo, in cui ho esposto gli attuali mutamenti della famiglia contemporanea, in particolar modo quelli inerenti l’instabilità coniugale resa evidente dall’aumento delle separazioni e dei divorzi. Dopo una prima parte in cui vengono presentate le cause dell’instabilità coniugale nelle società occidentali contemporanee, il lavoro propone una riflessione sulle conseguenze che l’instabilità coniugale ha sul ruolo e le funzioni paterne e sul rapporto padre-figli.
 Nella società contemporanea l’instabilità coniugale e le pluralità delle famiglie cui essa dà luogo (famiglie monogenitoriali e famiglie ricomposte) derivano da scelte volontarie, ed esprimono in misura crescente un rifiuto o un’indifferenza nei confronti dell’istituzione matrimoniale. Nella società di oggi la famiglia da istituzione sociale si è trasformata in un contratto privato stipulato non più nell’interesse della famiglia intesa come unità, ma del singolo individuo per il raggiungimento della propria felicità (Individualismo affettivo), quindi revocabile se e quando questa finalità viene meno (Giddens, 1995), sciogliendo il vincolo matrimoniale attraverso la separazione o il divorzio.
 Nella complessa esperienza delle separazioni coniugali viene meno il legame della relazione di coppia, ma, se dall’unione sono nati dei figli, permane il legame genitoriale, indissolubile nel tempo (Scabini, Iafrate, 2003). Gli sviluppi della ricerca psicologica hanno di individuare i fattori e le variabili che possono determinare i differenti effetti della separazione sui figli.
 Al processo di adattamento della famiglia all’evento della separazione e alla successiva gestione, secondo diversi autori (Arendell, 1997, Todesco, 2009), contribuiscono la stabilità e la continuità del coinvolgimento paterno nella crescita dei figli. Essendo i padri, nella maggior parte dei casi, i genitori non affidatari e non coresidenti con i figli, le ricerche si sono concentrate prevalentemente sui fattori che favoriscono la presenza/assenza dei padri e sui cambiamenti che la perdita di un rapporto quotidiano con i figli produce sull’esperienza della paternità.
 La separazione è un momento caratterizzato da un forte cambiamento del ruolo del padre e nella maggior parte dei casi, dalla sua assenza fisica tra le mura domestiche. Così la comparsa dei “nuovi padri” emotivamente coinvolti nella cura dei figli, che rappresenta l’elemento innovativo della paternità contemporanea, si intreccia con l’assenza, non solo fisica ma, in molti casi, intesa anche come perdita di autorità, dei padri separati.
Bibliografia citata 
Arendell T. (1997), "Divorce and remarriage", in Id. (eds.), Contemporary parenting, Sage Publication, Thousand Oaks, New Delhi.
Beck U., Gernsheim E. (1996), Il normale caos dell’amore, Bollati Boringhieri, Torino.
Bimbi F. (2002) (a cura di ), Differenze e Diseguaglianze. Prospettive per gli studi di genere in Italia, Il Mulino, Bologna.
Dermott E. (2008), Intimate Fatherhood, Rontledge, London.
Giddens A. (1995), Le trasformazioni dell’intimità. Sessualità amore ed erotismo nelle società moderne, Il Mulino, Bologna.
Mitscherlich A. (1970), Verso una società senza padre, Feltrinelli, Milano.
Parsons T., Bales R. F. (1974), Famiglia e socializzazione, Mondadori, Milano.
Ruspini E. (2003), Le identità di genere, Carocci, Roma.
Saraceno C., Naldini M. (2007), Sociologia della famiglia, Il Mulino, Bologna.
Scabini E., Iafrate R. (2003), Psicologia dei legami familiari, Il Mulino, Bologna.
Todesco L. (2009), Matrimoni a tempo determinato. L’instabilità coniugale nell’Italia contemporanea, Carocci, Roma.
Zanatta A. L. (2010), Nuove madri e nuovi padri. Essere genitori oggi, Il Mulino, Bologna.

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