lunedì 6 luglio 2015

Il fenomeno dei NEET: un’analisi del piano europeo "Garanzia giovani"

In Italia la disoccupazione giovanile ha rappresentato già dagli anni Settanta un fenomeno strutturale del mercato del lavoro. Nell’ultimo decennio, però, le difficoltà di inserimento professionale dei giovani alla ricerca della prima occupazione si è manifestata su scala europea, con particolare intensità negli anni della crisi. Per questo su scala europea è stato promosso il piano “Garanzia giovani” rivolto ai giovani che non studiano, non lavorano e non sono impegnati in formazione professionale e che per questo sarebbero esposti al rischio di esclusione sociale. Sull’andamento di questo Piano, su scala nazionale e locale, si focalizza Maria Grazia De Falco nella sua relazione finale «Il fenomeno dei NEET: un’analisi del piano europeo “Garanzia giovani”» che presenta nel testo seguente.

Il fenomeno dei NEET: un’analisi del piano europeo “Garanzia giovani”

La tematica affrontata in questa relazione riguarda il rapporto tra giovani e lavoro. In particolare, si vuole mettere in evidenza la rilevanza sociale del crescente aumento dei giovani che non lavorano, non studiano e non sono iscritti ad alcun corso di formazione o istruzione. Questi giovani, denominati NEET, sono un target delle politiche dell’Unione Europea che in merito al fenomeno ha istituito un programma chiamato “Garanzia giovani”.

Il punto da cui parte questo elaborato è il modo in cui la sociologia ha guardato storicamente al rapporto tra giovani e mercato del lavoro e di sottolineare che i NEET, in realtà non sono un fenomeno sconosciuto, ma al contrario riguardano quelle categorie che hanno spesso avuto un ruolo marginale all’interno del mercato del lavoro italiano. Per comprendere, dunque, il fenomeno dei NEET si è cercato innanzitutto di partire dalla ricostruzione di una rassegna letteraria sulla condizione giovanile in Italia dagli anni Settanta in avanti e di guardare agli interventi che le politiche hanno apportato per fronteggiare l’aumento della disoccupazione giovanile. Questi sono i temi di cui si tratta nel primo capitolo, da cui emerge in quegli anni, il difficile ingresso dei giovani all’interno del mercato del lavoro. A partire da quegli anni, gli studiosi cominciano a guardare questo fenomeno come la conseguenza di modificazioni sia della struttura produttiva che dell’offerta di lavoro. Le barriere all’ingresso incontrate dai giovani che si avvicinano per la prima volta al mondo del lavoro sono legate alla selettività della domanda che tende a preferire l’uomo adulto, il quale possiede già una certa esperienza verso il tipo di lavoro di fabbrica. Il clima in cui prende forma il dibattito, infatti è caratterizzato dalla presenza della grande fabbrica e del sindacato. I  giovani non trovano molto spazio e dunque viene prolungata la scolarizzazione,  e si comincia a parlare di disoccupazione intellettuale (Reyneri, 2008) di giovani diplomati e laureati. In particolare, in questo capitolo si farà riferimento a quello che Pugliese (Pugliese, Rebeggiani, 2004) ha definito “modello italiano della disoccupazione” che presenta una serie di caratteristiche che ritroviamo negli anni Ottanta e risultano oggi valide per comprendere il mercato del lavoro italiano. Questo modello riguarda, infatti, la disoccupazione giovanile insieme a quella femminile, con una maggiore concentrazione nel Mezzogiorno. Il capitolo si conclude con un’analisi delle riforme che a partire dagli anni Novanta hanno inserito un ulteriore elemento di complessità all’interno del mercato del lavoro, legato all’introduzione di forme maggiori di flessibilità che sostituendo il lavoro standard mettono in evidenza ancora di più la marcata segmentazione tra  giovani e adulti e quella tra uomini e donne. Sebbene per queste ultime ci sia stata una crescita dell’occupazione, esse rispetto agli uomini restano maggiormente legate a forme contrattuali atipiche, maggiormente esposte alla precarietà.
Il secondo capitolo è incentrato sull’analisi del fenomeno dei NEET che viene sviluppata inizialmente all’interno del contesto europeo prendendo in riferimento i dati provenienti da alcune ricerche condotte da Eurofound. In Europa, secondo gli ultimi dati disponibili di Eurofound del 2012, i giovani Neet al di sotto dei 30 anni corrispondono a 14,6 milioni. Da queste ricerche è emerso che esistono differenti fattori di natura sociale, economica e personale che possono aumentare la probabilità di entrare a far parte del gruppo dei NEET. Questi fattori testimoniano anche l’eterogeneità del gruppo, differenziato in base alla più o meno consapevolezza di avere un controllo sulla propria condizione. La preoccupazione del governo dell’UE, riguardo all’aumento dei NEET risiede nel fatto che questi giovani potrebbero rimanere in uno stato di inattività e al di fuori da qualsiasi ciclo di istruzione o formazione per un periodo di tempo prolungato con la conseguente riduzione del capitale umano. L’aumento crescente dei NEET si è verificato con l’emergere della crisi economica del 2007 che ha riguardato i paesi dell’Ue in maniera differente. I paesi dell’Europa meridionale hanno fatto registrare la più alta riduzione di occupazione giovanile. Tra questi rientra anche l’Italia,  insieme alla Spagna, Grecia e Portogallo. In particolare viene analizzata la situazione italiana che presenta una tra le più alte percentuali di giovani NEET.
Nell’analisi sui NEET italiani si fa riferimento anche in questo caso ai dati statistici dell’Istat che rivelano una crescita costante del numero dei NEET dal 2008 in avanti. Ad oggi, nel 2015, il fenomeno ha raggiunto i  2 milioni 390 mila giovani tra i 15-29 anni. All’interno della categoria emergono delle differenze riguardo al genere e al titolo di studio. In base ai dati statistici considerati, le giovani donne NEET presentano delle percentuali superiori rispetto ai giovani NEET maschi. Inoltre il rischio di entrare a far parte di questa categoria e più alto per chi presenta un titolo di studio inferiore, mentre sembra essere più basso per chi possiede una istruzione di terzo livello. Un’altra differenziazione all’interno dei NEET che viene messa in evidenza è quella relativa alla localizzazione geografica e che confluisce nella tradizionale divisione tra le regioni del Centro-Nord e quelle del Mezzogiorno. La ricerca condotta da Italia lavoro su quello che è stato definito il “NEET status” mette in evidenza una maggiore concentrazione dei giovani NEET nelle regioni meridionali, in particolare Campania e Sicilia. Secondo questi dati, in conclusione, la composizione dei giovani NEET in realtà riprende quelle che sono le caratteristiche strutturali del mercato del lavoro italiano. Le difficoltà di inserimento, infatti, sono maggiori ancora una volta per quelle categorie definite “marginali”  ovvero donne al di sopra dei 20 anni, giovani residenti nel Mezzogiorno e con un basso titolo di studio.
Il tema dell’attivazione di questi giovani viene analizzato nel terzo capitolo. In particolare viene presentato il programma “Garanzia giovani” istituito dall’Unione Europea per fronteggiare il crescente aumento dei giovani NEET. In primo luogo, viene presentato il programma a livello europeo, in cui sono evidenziati i presupposti e gli obiettivi che si prefigge e che riguardano misure volte a contrastare sia la disoccupazione giovanile sia l’aumento dei giovani NEET. Questi fenomeni, possono sfociare in un futuro in una perdita di capitale umano e una trasmissione di povertà tra le generazioni. In secondo luogo viene presentato il programma a livello nazionale italiano, attraverso la descrizione del “Piano italiano garanzia per i giovani” presentato nel dicembre 2013. Nel Piano vengono illustrate le caratteristiche che sono alla base della sua attuazione. Esso si costituisce come progetto destinato ai giovani con un età non superiore ai 30 anni che rientrano nella categoria dei NEET  e a cui vengono offerte una serie di misure per l’attivazione. Queste misure prevedono diversi ambiti di intervento, quello della formazione destinato ai giovani con un’età inferiore ai 19 anni che hanno abbandonato il loro percorso di studio e vogliono riprenderlo; l’ambito dell’occupazione destinato alla maggior parte dei giovani NEET a cui si propone un’offerta lavorativa o di tirocinio; e infine l’ambito dedicato all’autoimpiego e destinato a quei giovani che decidono di intraprendere un percorso imprenditoriale. Si presentano i risultati dell’analisi dei dati di monitoraggio sia a livello nazionale che regionale nel caso della Campania che offrono indicazioni sull’andamento del progetto, l’adesione che ha registrato in rapporto al genere, età, titolo di studio e quante e quali misure sono state offerte e attivate per i giovani.
Dai dati nazionali considerati emerge una maggiore partecipazione maschile di giovani di età 19-24 anni, mentre le femmine NEET registrano una più alta partecipazione nella fascia di età superiore ai 25 anni; per quanto riguarda il titolo di studio la maggior parte dei giovani possiede il diploma. Dai dati di monitoraggio di coloro  cui viene proposta una misura è possibile risalire anche al grado di difficoltà che i giovani incontrano nella ricerca di un’occupazione. Questo grado viene misurato attraverso il cosiddetto  “indice di profiling”, ovvero una classe di profilazione che tiene conto di alcune variabili come il genere, l’età, il titolo di studio. Dai risultati è emerso che il 40% dei giovani presi in carico presenta una difficoltà medio-alta nella ricerca di un’occupazione, il 39% presenta una difficoltà Alta; il 13% risulta di indice Basso e l’8% di indice medio-basso. Dai dati nazionali relativi alle opportunità lavorative offerte, la percentuale maggiore è concentrata al Nord.
 I dati relativi alla Campania  procedono, potremmo dire, sulla stessa linea dei dati nazionali per quanto riguarda la composizione di genere, età e del titolo di studio. I risultati, infatti, indicano una maggiore adesione dei maschi, una più alta concentrazione nella fascia di età 19-24 anni e una maggiore adesione di giovani diplomati.  Per quanto riguarda le tipologie contrattuali proposte sia a livello nazionale che regionale il contratto a tempo determinato è quello più utilizzato. Diversamente dai dati nazionali in cui si legge una maggiore ricerca di personale tecnico, la Campania presenta un maggiore inserimento lavorativo nel settore dei servizi in particolare commercio, turismo, ristorazione, servizi alla persona; questa situazione tenderebbe a spiegare la presenza di una maggiore collocazione lavorativa delle femmine piuttosto che dei maschi.
Le conclusioni  cui si può giungere in relazione ai temi affrontati in questo elaborato sono diverse. Innanzitutto bisogna sottolineare la continua presenza di giovani che mostrano difficoltà ad entrare a far parte del mondo del lavoro. Il contesto in cui questi giovani sono inseriti è caratterizzato da ciò che Reyneri (citato in Pugliese, Rebeggiani, 2004) ha definito “disoccupazione da inserimento”. Dai risultati offerti dal programma garanzia giovani emerge una maggiore adesione di giovani che pur avendo conseguito un titolo di studio superiore alla licenza media non si sono ancora inseriti in un percorso lavorativo. L’altra conclusione a cui si può giungere riguarda la tradizionale differenza esistente tra Centro-Nord e Mezzogiorno in merito alle offerte lavorative proposte, alla crescita professionale. Dai dati della partecipazione al programma garanzia giovani, infatti, si riscontra una maggiore mobilità territoriale dei giovani del Mezzogiorno che indicano nello loro preferenze una regione diversa da quella di residenza, in particolare del settentrione. Un ulteriore elemento che si va ad aggiungere, riguarda il tradizionale svantaggio delle donne nella ricerca e nella partecipazione al mercato del lavoro. Questa differenza ha visto tuttavia una fase di convergenza riscontrabile a partire dalla crisi economica del 2008 in cui anche la situazione lavorativa dei giovani maschi ha visto purtroppo una fase di declino.


Bibliografia citata
Pugliese E., Rebeggiani E. (2004), Occupazione e disoccupazione in Italia. Dal dopoguerra ai giorni nostri, Edizioni lavoro, Roma.
Reyneri E. (2008), Sociologia del mercato del lavoro. I. Il mercato del lavoro tra famiglia e welfare, Il Mulino, Bologna.

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