mercoledì 1 aprile 2020

Il lavoro intellettuale come professione

Anniversario. É passato un secolo dalle due conferenze che Max Weber tenne nel gennaio del 1919 a Monaco sul tema del lavoro intellettuale come professione: Wissenschaft als Beruf e Politik als Beruf. I due testi furono tradotti in italiano per la prima volta nel 1948 (traduzione di Antonio Giolitti) con il titolo Il lavoro intellettuale come professione. Attualmente le conferenze sono disponibili nella nuova edizione Einaudi del 2004 con il titolo La scienza come professione. La politica come professioneL’introduzione a questa edizione è di Wolfgang Schluchter che ha curato la più recente edizione delle due conferenze, inserita nell'opera completa tedesca Max Weber-Gesamtausgabe (MWG).
Si legge nella presentazione della traduzione italiana: «le due conferenze sono il frutto più maturo della riflessione weberiana sul senso della scienza e della politica, ma soprattutto sul loro rapporto: un rapporto complesso, di rimando reciproco ma soprattutto di distinzione. Contro l’appello all’intuizione, che tanta presa aveva nella gioventù universitaria tedesca, contro le pretese della “profezia professorale”, Weber rivendica il rigore scientifico e la funzione specialistica dell’insegnamento accademico, che non può consentire al docente di farsi propagandista di una qualsiasi concezione del mondo. E contro la riduzione della politica a politica di potenza, quale l’aveva praticata la Germania guglielmina, Weber fa valere la tesi che la politica persegue sì fini di potenza, e si avvale sempre della forza come mezzo indispensabile, ma è al tempo stesso presa di posizione pro o contro determinati valori. Scienza e politica traggono così il loro diverso “senso” della teoria dei valori, che Weber venne definendo negli ultimi anni di vita». Memorabile è la conclusione della conferenza sulla politica:
«La politica consiste in un lento e tenace superamento di dure difficoltà da compiersi con passione e discernimento al tempo stesso. È certo del tutto esatto, e confermato da ogni esperienza storica, che non si realizzerebbe ciò che è possibile se nel mondo non si aspirasse sempre all’impossibile».

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