martedì 24 marzo 2020

«Il Suicidio» di Durkheim e l’analisi multivariata

Letture. Lo studio Il suicidio di Émile Durkheim rappresenta una tappa importante della storia del pensiero sociologico anche dal punto di vista metodologico e della sperimentazione delle tecniche di ricerca sociale. La ricerca di Durkheim, infatti, utilizza come base empirica dati secondari, le statistiche sui suicidi – o, più precisamente, i tassi di suicidio – sfruttando il processo di costruzione della statistica ufficiale pubblica all’interno della formazione dello Stato moderno. D’altra parte, nella seconda metà dell’Ottocento la statistica era stata adottata dalla psichiatria anche nello studio dei cosiddetti «fatti morali», si veda ad esempio lo studio del 1879 dello psichiatra italiano Enrico Morselli: Il suicidio: saggio di statistica morale comparata (Milano, Edizioni Fratelli Dumolard - scaricabile in Ebook). Queste statistiche vengono sottoposte ad analisi multivariata, una modalità che viene discussa in un interessante articolo di approfondimento – che suggeriamo di leggere – di Ivana Acocella e Erika Cellini dal titolo «Il Suicidio di Émile Durkheim: un esempio di analisi multivariata» (Quaderni di sociologia, n. 55, 2011, pp. 161-184). Sui limiti tecnici della ricerca sul suicidio di Durkheim esiste una lunga bibliografia critica che inizia con la pubblicazione stessa della ricerca. Su questa critica Raymond Aron, nel suo volume Le tappe del pensiero sociologico (Mondadori, 1989, vedi in particolare le pp. 319-321) ha selezionato alcuni aspetti importanti.  (1) Il primo, risale alle critiche di A. Delmas, e riguarda il valore delle statistiche: numero ristretto di casi a cui fanno riferimento le statistiche che riducono la validità delle correlazioni, ambiguità della registrazione dei casi di suicidio poiché per molti di questi sono soggetti terzi a dichiarare che si è trattato di suicidio, assenza della trattazione dei tentativi di suicidio non riusciti. (2) Il secondo, risale agli studi di M. Halbwachs, e riguarda la robustezza delle correlazioni sulle quali si basano le argomentazioni di Durkheim, poiché si tratta di risultati contestabili in quanto non è dimostrato l’inesistenza di altri fattori differenziali nei casi confrontati. (3) Il terzo riguarda la relazione tra l'interpretazione sociologica e quella psicologica, poiché se quest’ultima sottolinea che molte persone che si uccidono hanno un carattere nevropatico – cosa che anche i sociologi non negano – Durkheim ribadisce che non tutti i nevrotici si uccidono, perché il tasso di suicidio non dipende da caratteri individuali, ma da circostanze sociali.

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